LECCO
La cittadina si trova all'estrema punta sud del Lario, in un lembo di terra quasi pianeggiante stretto nella conca formata da monti rocciosi. È circondata dai monti Barro, San Martino, il monte Due Mani e dal Resegone, alto 1875 m., contraddistinto dalle inconfondibili cime disposte come denti di sega.
L'esistenza della città, collocata in posizione strategica alla confluenza d’importanti vie d'acqua e di terra, in un territorio abitato fin da epoche remote, è documentata per la prima volta nell'845, con la comparsa in un documento del nome "Leuco".
L’origine altomedievale spiega anche la particolare forma urbana di Lecco, costituita da una serie di quartieri poco distanti l’uno dall’altro e specializzati: i quartieri addetti alla produzione posti lungo la valle del Gerenzone, i quartieri agricoli, il quartiere dei pescatori (Pescarenico), il quartiere militare (Castello) e il Borgo, luogo del mercato e degli scambi sulla riva del lago.
Divenne all'inizio dell'XI secolo dominio degli arcivescovi di Milano, durante la guerra decennale si alleò con la città ambrosiana e combatté sul lago con una propria flottiglia contro Como (1117-1127). Trent’anni più tardi appoggiò Federico Barbarossa contro Milano e partecipò, poi, alle lotte tra Visconti e Torriani come alleato di questi ultimi. Nel 1296 Lecco fu rasa al suolo dal nuovo Signore di Milano, Matteo Visconti e la popolazione fu esiliata nella zona di Valmadrera ed ebbe assoluto divieto di ritornare alle estreme pendici del monte San Martino. Questo esilio ebbe breve durata, infatti, agli inizi del Trecento Azzone Visconti, ricostruì la città e riedificò il castello, molto probabilmente spostandolo dalla sede originaria (Castello di Lecco) in riva al lago (Borgo di Lecco). Egli fece erigere anche l’importante ponte fortificato sull’Adda che oggi porta il suo nome.
I lecchesi furono spesso protagonisti di numerosi scontri avvenuti con la Repubblica di Venezia. Solo con la Pace di Lodi, stipulata nel 1454, la città raggiunse la tranquillità divenendo un’importante roccaforte di confine e rimarrà tale per tre secoli e mezzo. Inoltre il passaggio delle valli bergamasche e bresciane sotto la dominazione veneta faceva, di Lecco e della Valsassina, l’unico polo produttivo del ferro, indispensabile per l’economia e la produzione militare dell’intero Ducato. Successivamente, con il dominio austriaco, Lecco fu segnato da un periodo dì ripresa economica e sociale, con lo sviluppo delle industrie della seta e del ferro. Quest'ultima, già viva nel XII secolo, favorita dalla ricchezza del suolo e dall'abbondanza d’acqua come fonte d’energia, esplose nella seconda metà dell'Ottocento.
L'industria del ferro soppiantò l'antica industria serica, di cui costituiscono testimonianza i diversi stabilimenti sparsi sul territorio, filande abbandonate o convertite a nuove destinazioni (abitazioni, sedi d’enti pubblici e così via). L'industria siderurgica è oggi la principale attività e ricchezza del lecchese e ha contribuito profondamente a disegnare l'aspetto della zona. Vista la felice posizione di Lecco, non è difficile trovare luoghi ameni e facilmente raggiungibili, ove compiere brevi escursioni in giornata.
Chi ama la natura ed è allenato, può salire al monte Barro la cui vetta offre un buon panorama sul golfo di Lecco e sulla Brianza. Si può salire alla panoramica vetta del Resegone oppure, restando a livello del lago, ci si potrà recare a Garlate per visitare il Museo della seta. Lecco e i suoi dintorni si propongono anche oggi come luoghi manzoniani ed è possibile visitarne l’ambientazione più famosa. Dalla casa di Lucia alla parrocchia di Don Abbondio, cioè la chiesa dei Santi Vitale e Valeria, nel borgo di Olate, dalla residenza di Don Rodrigo sul Colle dello Zucco al castello dell’Innominato sopra Chiuso, per concludere con il convento di Frà Cristoforo a Pescarenico.
VILLA MANZONI
La casa del Manzoni al Caleotto è sempre stata fonte di non poca attrattiva: il fatto che il poeta vi abbia trascorso parte della giovinezza e che qui sia scaturita la trama del romanzo avente per fondale il nostro paesaggio, ha costituito un valido motivo per l’interessamento di una vasta cerchia di amatori.
Effettivamente Alessandro Manzoni, che era nato a Milano nel 1785, passò qui al Caleotto buona parte dell’infanzia e della giovinezza.
Nella originaria i Manzoni si trasferirono circa nel 1620 dalla Valsassina; la villa dovette poi subire radicali modifiche. Secondo il Polvara, l’edificio fu ricostruito includendo parte di fabbriche più antiche (in una vi era la data 1648), non prima del 1770, essendone stato architetto l’abate Giuseppe Zanoja, canonico di S.Ambrogio e professore di architettura all’Accademia di Brera.
Alessandro Manzoni, che fu primo deputato in alcuni “Convocati Generali” del Comune di Lecco tra il 1816 e il 1817, dovette vendere tutta la proprietà del Caleotto alla famiglia Scola nel 1818. Tornò l’ultima volta nel 1821 per portarsi a Milano il fido servitore Comino. Sul fronte del palazzo avito è murata una lapide dettata da Cesare Cantù.
Caratterizzano la Villa, a piano terreno, gli ambienti di vita famigliare e i rustici delle scuderie; nel perimetro è compresa la neoclassica Cappella dell’Assunta, dove riposano le spoglie del padre del Poeta, Don Pietro Manzoni, morto nel 1807.
Nella Villa si trova la Pinacoteca comunale ricca di dipinti di Scuola Lombarda del ‘600 e ‘700, nature morte, ritratti dell’ottocento, ecc…
Sono esposti inoltre vari quadri del lecchese Carlo Pizzi dedicati alla Città; pitture e sculture contemporanee da Dorazio a Baj a Cavaliere donate da un gruppo di “Amici del Museo”.
Notevole è il salone centrale, con decorazioni classicheggianti, da alcuni attribuite a rimaneggiamenti voluti dallo stesso Romanziere; nelle sale sono custoditi vari ricordi di famiglia.